Dal Talent Management al Management del Talento • Fiorella Pallas

Dal Talent Management al Management del Talento

Di Fiorella Pallas

27 Giu - 7 min lettura

L’eccellenza non è l’eccezione di alcuni , ma la possibilità di tutti! E’ in questa ottica che le aziende dovrebbero sviluppare la cultura del talento in azienda . In questa nuova eccezione passare dal talent management al management del talento significa mettere l’attenzione non più solo su pochi elementi ma su tutto il management a disposizione, riuscendo cosi a sviluppare,  liberare e valorizzare il REALE potenziale  delle persone, e questo permetterà di  impattare in modo significativo sulla performance aziendale.

Il significato del talento nel talent management

Il concetto del talento  ruota essenzialmente intorno a 2 significati:

  • il primo legato solo alle persone ad alto potenziale. Ossia le aziende identificano il talento solamente nelle persone che presentano particolari doti, magari superiori alla media delle altre persone e a queste persone vengono date maggiori possibilità di sviluppo rispetto agli altri dipendenti.
  • Il secondo significato, secondo un sondaggio recente su 60.000 aziende italiane, il 50% di loro considerano il talento come strettamente  collegato al possesso di spiccate competenze tecniche e di conseguenza implementano piani formativi per aumentare la competenza tecnica dei dipendenti.

Premesso che la competenza tecnica è alla base della performance , ma  è l’elemento più importante? Assolutamente no.

Le hard skill vs soft skill

Le competenze tecniche, sono le hard skills, intese come  abilità tecniche che riguardano il nostro sapere e saper fare. Da studi fatti sulla performance, pesano solo il 20% sul risultato! Ed è facilmente intuibile: se metti a capo di una squadra una persona tecnicamente preparata ma con scarse capacità di gestione e motivazione del suo team , difficilmente raggiungerà traguardi importanti.

In un mercato in piena evoluzione, dove l’orientamento al cambiamento, il lavoro di squadra e la motivazione dei dipendenti è fondamentale , pensare di focalizzare l’attenzione su una manciata di persone ad alto potenziale e/o persone che siano in possesso di forti competenze tecniche è illusorio. La gestione sul talento attuale , oltre a non essere efficace si basa su un concetto di talento assolutamente obsoleto.

Il significato del talento nel management del talento

Se alla parola Talento iniziamo invece a dare il giusto significato, possiamo parlare di managment del talento.

Secondo la Gallup, società americana che studia le tendenze socio-economiche-demografiche di tutto il mondo  e leader nella scoperta del talento umano, i talenti sono quelle  caratteristiche personali che ogni individuo possiede e che sono il suo naturale modo di pensare, sentire, comunicare e comportarsi, che porta l’individuo ad avere risultati efficaci nella sua vita personale e lavorativa .

Per scoprire il talento, la Gallup, insieme allo Psicologo Donald Clifton, ha studiato per 40 anni oltre 300.000 persone di successo di tutte le categorie sociali per cercare di capire quali erano queste caratteristiche trasversali, che gli permettevano di raggiungere in modo efficace i loro obiettivi . La Gallup ha cosi definito un panorama di 34 aree di talento trasversale, e ogni individuo ne possiede 5 dominanti che lo contraddistinguono e che egli usa in modo spontaneo e ricorrente.

Queste caratteristiche sono le soft skill , che sempre di più in fase di recruiting si cerca di identificare perché vengono considerate un fattore determinante.  Esse sono le competenze trasversali di processo: cioè la modalità con il quale le persone agiscono e si relazionano  reciprocamente. Riguardano il loro modo di comunicare, ascoltare, intrattenere un dialogo, dare feedback, avere empatia, risolvere problemi, risolvere conflitti , motivare il team, pianificare, essere orientati al risultato, flessibili …

Dal miglioramento al potenziamento

Spesso però questo tipo di caratteristiche, vista la loro natura spontanea per le persone che le possiedono risultano di facile utilizzo e quindi non attribuiscono “valore” dato che al valore viene collegato il concetto di “sforzo”. Questo deriva dall’educazione che abbiamo ricevuto per cui ci hanno insegnato che dovevamo  “aggiustare” i nostri punti di debolezza dando per scontato ciò in cui eravamo già bravi… Il risultato di questa educazione è che sviluppiamo un modello comportamentale non efficiente e che ci porta fuori strada.
Invece è proprio il contrario, se iniziamo a  puntare su ciò in cui siamo realmente Bravi, possiamo accedere alla nostra eccellenza.

La conseguenza in azienda è che cerchiamo di migliorare , aggiustare la risorsa invece di POTENZIARLA e il risultato dopo anni non è quello di avere queste aree deboli trasformate in punti di forza, ma solo delle aree deboli “un po’ meno deboli”, mentre invece non abbiamo realmente sviluppato il potenziale della risorsa.

Si tratta quindi anche di rivedere i sistemi di valutazione in azienda, oggi basati su un piano di miglioramento della risorsa vs un piano di potenziamento della stessa che gli permetterebbe invece di accedere alla sua “eccellenza”.

Se vogliamo transitare dal talent management al management del talento, allora il focus dovrà spostarsi sul ‘potenziale’ della risorsa e su cosa fare per farlo esprimere, infatti , identificare i talenti è il passo necessario ma non sufficiente.

La vera sfida, per le aziende, quindi, sarà di trovare il modo per identificare, valorizzare e sviluppare questo tipo talento.

Cosa fare dunque?

Mettere la persona giusta al momento giusto nel posto giusto.

La conclusione a cui si è giunti nell’ultima edizione del Forum dedicato alle Risorse Umane, è che il talento può esprimersi se la persona ha un buon fit con la sua posizione.

Detto in altri termini, più la persona riesce ad esprimere , questo tipo di talento “soft” all’interno di un ruolo e metterlo al servizio di una mansione che lo interessa realmente più sarà alto il suo potenziale di crescita , indipendentemente dal confronto con gli altri ma in relazione al valore che può portare all’azienda.  Più questo potenziale di crescita sarà alto, più il talento identificato produrrà valore per l’azienda.

Purtroppo emerge un dato allarmante da una ricerca recente: oltre il 30% delle persone dichiara di non avere l’opportunità di fare le cose che sa fare meglio al lavoro tutti i giorni. La principale conseguenza di questo è un grandissimo rischio di mediocrità nel compito svolto: se non siamo interessati faremo il nostro lavoro senza motivazione e energia.

Invece una persona interessata al compito e che usa i suoi talenti non solo avrà una curva di apprendimento esponenziale, ma anche una produttività maggiore.

Questo approccio al talento ha un grande vantaggio, perché la risorsa sarà motivata profondamente e quindi maggiormente “engaged” alle sfide aziendali.

L’Engagment in azienda

Sempre di più l’ “employee engagment” è sinonimo di crescita, benessere e profitto. Lo è per moltissimi motivi a partire dai più scontati: un dipendente soddisfatto è produttivo, si ammala di meno ed è più fedele all’azienda. In questa modalità egli offre un contributo attivo allo sviluppo del business.

L’ Engagement  è un approccio che crea le condizioni ottimali perché tutti i membri di un’azienda diano il meglio, dove tutti saranno coinvolti rispetto ai valori e obiettivi aziendali, motivati a contribuire al suo successo, orgogliosi e leali nei confronti dell’organizzazione e primi sostenitori della crescita del business.

 Nel documento sull’engagment della Gallup per Managers and Leaders, vengono sottolineati tre piani di coinvolgimento per l’espressione del talento:
• Head: “Sono mentalmente coinvolto nel mio lavoro”
• Heart: “Sono emozionalmente coinvolto nel mio lavoro”
• Hands: “ Sono operativamente coinvolto nel mio lavoro”

In conclusione credo quindi che oggi la vera posta in gioco per le aziende sia di trovare il modo per aumentare la felicità dei loro dipendenti e questo avrà come conseguenza l’aumento della produttività e performance aziendale

Il  nuovo paradigma è : il talento non è la prerogativa di alcuni ma la possibilità di tutti , se la risorsa viene messa nella posizione giusta e nelle sue mansioni viene messa a fare ciò che sà fare meglio .

Solo in questo modo l’azienda e gli HR riusciranno a far “brillare” il talento di ognuno e far  “sbocciare” la potenzialità delle persone generando cosi degli “happy team” coesi, forti, creativi , coraggiosi , e capaci di accogliere le sfide di questo nuovo mondo.